Dozza
… uno dei borghi più belli d’Italia
In nome dell’acqua. Questo caratteristico borgo medioevale ubicato su un promontorio lungo lo spartiacque del torrente Sellustra, deve il proprio nome al tema dell’acqua: indicato con Ducia nel Chartularium Imolense già nel 1147, sembra derivare dal latino medioevale ducia, mutato poi nella forma dialettale locale di dòza, dal significato di fossa, canale, rio o struttura che conduce acqua. L’etimologia del nome Dozza trova un riflesso nell’antico stemma che racchiude un grifo lionato rampante, raffigurato nell’atto di abbeverarsi ad una gronda o doccia. Lo stemma oggi è completato da una corona e da fronde di quercia e alloro che lo circondano. Antiche immagini in pietra arenaria dello stemma con il grifo sono visibili sulla Chiesa prepositurale e sull’ingresso del borgo medioevale. Il centro storico di Dozza, con la caratteristica forma a fuso, è posto sul crinale della collina che domina la valle del Sellustra e digrada dolcemente verso la via Emilia. L’integrità dell’originale tessuto edilizio risalente al medioevo è rimasta salvaguardata, immune da interventi stridenti e la stretta simbiosi tra l’imponente rocca all’apice del paese ed il sottostante insediamento residenziale, che segue il tracciato delle antiche mura, comunicano immediatamente l’armonia tra la natura e l’intervento dell’uomo. Nel X secolo Dozza aveva già il Palazzo Pretorio, la Chiesa, le abitazioni dei fittavoli, la fucina del fabbro e la bottega del falegname. Ancora oggi il paese è percorso da due strade parallele che dalla porta d’ingresso terminano nello spazio della Rocca dove tra l’altro si trova il Ristorante La Scuderia.
Siamo nel 1960 e Dozza era ancora un paese quasi dimenticato, sconosciuto, lontano dalle grandi vie di comunicazione e quindi dalle grandi correnti di traffico, privo completamente di turismo. In quell’anno la Rocca Sforzesca, sino ad allora residenza privata dei Marchesi Malvezzi-Campeggi, passò in proprietà del Comune di Dozza e dopo un adeguato restauro venne aperta al pubblico. Si pose contemporaneamente il problema di far “conoscere” Dozza al di fuori dei confini locali, di “portare” e convogliare verso questo ridente paese il turismo regionale e nazionale: i motivi di richiamo erano più che validi, la imponente e maestosa Rocca Sforzesca con il suo ricco arredamento e la sua quadreria, ma anche la particolare struttura urbanistica del suo centro storico, i suoi prodotti agricoli con particolare riferimento ai suoi vini prelibati e fragranti come il Trebbiano, il Sangiovese e la famosa Albana (un antico sonetto di un poeta anonimo definisce “Dozza, madre feconda di maschie e fragranti albane”.)
In quegli anni imperversano nella nostra regione i Premi e i Concorsi di pittura estemporanea e non c’era fiera o sagra paesana dove non si vedessero pittori impegnati su cavalletto: Dozza volle fare qualcosa di diverso e la Pro Loco “inventò” il Muro Dipinto; la prima edizione si svolse nel giugno 1960, due giorni di durata, il sabato e la domenica, e fu tenuta a battesimo da una pioggia fastidiosa e continua che ostacolò non poco la fatica dei pittori; pur tuttavia la manifestazione ebbe un grande successo di pubblico accorso numeroso ad assistere, sotto l’ombrello, al lavoro degli artisti.
“Muro bagnato, Muro fortunato”, mai proverbio si è dimostrato più azzeccato e vero; seguirono altre quattro edizioni annuali negli anni 1961-1962-1963-1964, con un successo di pubblico e di critica che andò ben oltre le previsioni e le aspettative più ottimistiche. Il Muro Dipinto si era dimostrato un formidabile veicolo pubblicitario per Dozza: oltre che un fatto culturale aveva aperto la strada allo sviluppo turistico e quindi socio-economico del paese. A quel punto la Pro Loco di Dozza decise di far fare al “Muro Dipinto” un salto di qualità trasformandolo, con la preziosa collaborazione di noti Critici d’Arte e Giornalisti (tra i quali Marassi, Carluccio, DeMicheli, Valsecchi, ecc…) in BIENNALE d’ARTE MODERNA. Da allora insigni maestri della pittura nazionale e internazionale (quali Matta, Saetti, Sassu, Purificato, Brindisi, Sughi, ecc…) hanno realizzato sui muri di Dozza grandi affreschi murali, contribuendo in maniera determinante ad elevare culturalmente ed artisticamente la manifestazione, e a far si che Dozza venisse definita la “capitale dell’affresco moderno”.
Le Biennali 1965-1967-1969-1971 si svolsero (come del resto le prime 5 edizioni) con il sistema del “concorso” o gara vera e propria: giuria, graduatoria di merito con premi differenziati: dal 1973 invece il “concorso” venne abolito superando giustamente i concetti ormai frustri delle graduatorie, e gli artisti considerati alla pari, con premi e riconoscimenti uguali per tutti. Fin dal 1962 (e ancor oggi) gli artisti ammessi hanno dovuto lasciare all’organizzazione il “bozzetto” della loro opera murale: in questo modo è stato possibile allestire nei saloni della Rocca Sforzesca una eccezionale Galleria d’Arte moderna, la PINACOTECA del Muro Dipinto, corredata da una ricca documentazione fotografica delle varie edizioni: nella stessa Galleria sono depositate alcune opere murali “strappate” per salvarle dalla distruzione causata dal maltempo e da altri agenti atmosferici.
Nelle diciotto edizioni del “Muro Dipinto” svoltesi finora, oltre 180 artisti hanno lasciato sui muri di Dozza una loro testimonianza artistica, trasformando di fatto il paesello in una Galleria d’Arte permanente, in un centro culturale assai rinomato e ricercato, in una grossa realtà turistica.